standard di quinta generazione per la telefonia mobile - 5G
Con l´acronimo 5G si fa riferimento alle tecnologie e agli standard di quinta generazione per la telefonia mobile .
Per informazioni sullo standard accedere tramite il seguente link alla pagina dell'ARPAE sul 5G
ARPAE, è l´Agenzia regionale per la prevenzione, l´ambiente e l´energia dell´Emilia-Romagna, che integra le funzioni di Arpa (istituita con la legge regionale n.44 del 1995) e dei Servizi ambiente delle Province, è stata istituita con legge regionale n.13/2015 ed è operativa dal primo gennaio 2016.
Arpae esercita, in materia ambientale ed energetica, le funzioni di concessione, autorizzazione, analisi, vigilanza e controllo, nelle seguenti materie: risorse idriche; inquinamento atmosferico, elettromagnetico e acustico, e attività a rischio d´incidente rilevante; gestione dei rifiuti e dei siti contaminati; valutazioni e autorizzazioni ambientali; utilizzo del demanio idrico e acque minerali e termali.
Nota informativa sulla tecnologia 5G redatta da ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)
20 maggio 2020
Da diversi mesi i Comuni sono sollecitati su più fronti rispetto alla tecnologia 5G e ai relativi piani di sviluppo della rete mobile da parte degli operatori di telecomunicazione.
Al fine di supportare gli enti nello svolgimento delle proprie competenze amministrative in tema di installazione di impianti radioelettrici di comunicazione elettronica e fornire un adeguato quadro giuridico che possa concretamente motivarle, si riportano di seguito alcune informazioni sulla tecnologia 5G provenienti da fonti istituzionali italiane ed europee.
Cos’è il 5G
Con il termine 5G si intende la quinta generazione delle tecnologie di comunicazione elettronica in mobilità, il cui dispiegamento in Europa è avvenuto in base al piano di azione definito con la Comunicazione CE n.2016/588 (cd. 5G Action Plan). Come riportato dalla Fondazione Ugo Bordoni, “L’approccio condiviso alla standardizzazione del 5G si basa sull’evoluzione delle tecnologie di comunicazione esistenti, come il 4G/LTE, integrate da nuove tecnologie fisse e mobili progettate per soddisfare requisiti non supportati dalle attuali reti di accesso radio. Il paradigma 5G abilita quindi la possibilità di indirizzare un numero notevole di dispositivi […] e con latenze dell’ordine di pochi millisecondi […], superando gli attuali limiti delle singole tecnologie di telecomunicazione, sfruttando la loro combinazione e la loro coesistenza”.
Si tratta quindi di una tecnologia che non solo permetterà velocità di connessione maggiori di quelle attuali, ma abiliterà una serie di nuovi servizi nell’ambito della c.d. Internet of Things quali quelli relativi alla mobilità, alla gestione della logistica, al monitoraggio ambientale e delle infrastrutture, alla telemedicina, all’agricoltura, alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
A differenza delle attuali tecnologie, che sfruttano frequenze comprese tra 800 MHz e 2,6 GHz, il 5G utilizzerà tre distinte bande di frequenza: 700 MHz (attualmente utilizzata per il segnale della televisione digitale terrestre e che sarà dunque disponibile a partire da luglio 2022), 3600-3800 MHz e 26 GHz. In Italia, i diritti d’uso di queste frequenze sono stati assegnati dallo Stato agli operatori di telecomunicazione che si sono aggiudicati l’apposita asta bandita nel 2018, svolta sulla base delle regole definite dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera 231/18/CONS.
Limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche in Italia
La tecnologia 5G andrà quindi ad utilizzare anche radiazione a frequenza maggiore rispetto a quella utilizzata dalle tecnologie precedenti. Questo desta alcune preoccupazioni nella popolazione. Va però sottolineato come i limiti associati alle frequenze maggiori (26 GHz) siano più alti poiché tali frequenze hanno una minore pericolosità. A questo proposito, è bene sottolineare che, come le altre tecnologie, anche il 5G sia sottoposto al rispetto di norme di riferimento molto precise e rigorose. Per quanto riguarda i limiti di esposizione della popolazione, la principale fonte normativa è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999, che definisce i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Tale raccomandazione stabilisce, ad esempio, che il livello di riferimento di un telefono mobile a 900 MHz è pari a 41,25 Volt per metro (V/m), per un forno a microonde (2,3-2,4 GHz) è pari a 61 V/m.
I limiti riportati dalla Raccomandazione europea derivano, a loro volta, da studi scientifici della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), i cui risultati sono stati pubblicati nel 1998 e aggiornati nel mese di marzo 2020. La raccomandazione UE lascia la facoltà agli Stati membri di definire dei livelli di protezione più elevati di quelli proposti. Ed è ciò che ha fatto l’Italia che, mediante il DpCM dell’8 luglio 2003, attuativo dell'articolo 4, comma 2, lettera a), della legge 22 febbraio 2001, n. 36, ha definito per le antenne tre diversi limiti: “limite di esposizione”, “valore di attenzione” e “obiettivo di qualità”:
- il limite di esposizione dipende dalla frequenza e il suo valore è pari a 20 V/m da 3 MHz a 3 GHz e 40 V/m da 3 GHz a 300 GHz, inferiore al livello di riferimento della normativa europea;
- il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità, che si applicano alle aree a permanenza prolungata e a quelle intensamente frequentate, sono pari a 6 V/m, molto inferiori ai limiti presenti nella raccomandazione europea.
Quale fonte ufficiale italiana che ha affrontato il tema delle emissioni elettromagnetiche del 5G si cita il rapporto del 2019 “Emissioni elettromagnetiche del 5G e rischi per la salute” a cura dell’Istituto Superiore di Sanità.
A livello europeo, oltre le già citate linee guida dell’ICNIRP, si può fare riferimento, quale fonte ufficiale, alla risposta della Commissaria UE alla Salute Stella Kyriakidou all’interrogazione dell’eurodeputato Klaus Buchner, nella quale di afferma che “relativamente al 5G, si prevede che l'esposizione ai campi elettromagnetici sia molto vicina all'esposizione causata dal 4G e ben al di sotto dei limiti rigorosi definiti nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999”.
Le competenze dei Comuni
L’ordinamento italiano considera le infrastrutture di comunicazione mobile tra le “opere di pubblica utilità” ai sensi dell’art. 90, comma 1, del D.Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) e, ai sensi del comma 3 dell’art. 86 del Codice stesso, ne garantisce la distribuzione in tutto il territorio nazionale in quanto “assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria”.
L’installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici è subordinata, in base alla tipologia degli stessi, al rilascio di specifica autorizzazione dell’Ente locale all’operatore di telecomunicazioni (art. 87 del D.Lgs. 259/2003) o alla segnalazione certificata di inizio attività (art. 87-bis del D.Lgs. 259/2003), sempre fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui al citato art. 4, comma 2, lettera a), della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Lo stesso articolo 4, al comma 1, demanda allo Stato la funzione di determinare, ai fini della tutela della salute, i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità relativi ai campi elettromagnetici.
Il comma 6 dell’art. 8 della stessa Legge n. 36/2001 demanda invece ai Comuni la fondamentale competenza di pianificazione urbanistica degli impianti, recitando: “i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. Ciò ai fini del rispetto dei limiti di emissione sopra citati definiti dallo Stato e delle competenze regionali in termini di indirizzi urbanistici e monitoraggio ambientale.
Rispetto a tale ripartizione di competenze, ai fini di una corretta applicazione delle stesse appare utile richiamare l’attenzione dei Comuni sulla “Segnalazione dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato relativa agli ostacoli nell’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access e allo sviluppo delle reti di telecomunicazione in tecnologie 5G” di cui all’Adunanza dell’Autorità stessa del 12 dicembre 2018, nella quale si segnala che “alcuni regolamenti comunali […] fissano in modo ingiustificato limiti alle emissioni elettromagnetiche e di potenza, in difformità rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale […]. A tale riguardo, si rileva che i valori delle emissioni da rispettare sono fissati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, ispirato ai principi di minimizzazione alle esposizioni e di precauzione”.
Alcuni chiarimenti:
Anche al fine di chiarire il fondamento di alcune notizie che, spesso senza fare riferimento a fonti ufficiali, stanno avendo ampia diffusione soprattutto attraverso i social media, si riportano infine alcune precisazioni:
Sperimentazione del 5G in Italia
In Italia si è avuto un solo programma pubblico di sperimentazione della tecnologia 5G: si tratta di 5 progetti sperimentali realizzati nelle città di Bari, L’Aquila, Matera, Milano e Prato a seguito di uno specifico Avviso pubblico emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico il 16 marzo 2017.
Non esiste, come erroneamente riportato da più parti, una sperimentazione che coinvolga i piccoli Comuni. Esiste invece un elenco di 120 piccoli Comuni allegato alla già citata delibera dell’AgCom n. 231/18/CONS: in questi territori gli operatori saranno obbligati a offrire copertura in tecnologia 5G utilizzando le frequenze in banda 700 MHz, quindi non prima del 1° luglio 2022. Si tratta di una misura a tutela di questi territori che, in base a una serie di parametri, sono considerati come in “divario digitale profondo” e quindi a rischio di mancata copertura senza un intervento del regolatore pubblico, come spiegato in questa nota dell’Autorità stessa.
Correlazione fra aumento delle antenne per la tecnologia 5G e aumento del rischio di tumori
La IARC - International Agency for Research on Cancer, in un suo studio del 2011 e relativo quindi a tecnologie di comunicazione mobile anteriori al 5G, classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza in categoria 2B, come possibili cancerogeni per l’uomo, in quanto non c’è un’evidenza conclusiva rispetto al fatto che l’esposizione agli stessi possa causare il cancro negli esseri umani e negli animali. E’ importante sottolineare che tale classificazione si riferisce alle esposizioni dovute all’utilizzo dei telefoni cellulari, non alle esposizioni ambientali o lavorative.
Ipotetiche correlazioni tra Covid-19 e 5G
Nella nota “Combattere la disinformazione”, la Commissione Europea informa che “Non esiste alcun collegamento tra il 5G e la COVID-19. Il coronavirus è un virus che si diffonde da una persona all'altra attraverso goccioline emesse attraverso gli starnuti, la tosse o il respiro. Il 5G è la nuova generazione di tecnologia delle reti mobili trasmessa su onde radio non ionizzanti”.
Inoltre, nel sito del Ministero della Salute, che insieme all'Istituto Superiore di Sanità ha confutato 10 fake news relative all’argomento Covid-19, è riportato che “Non ci sono evidenze scientifiche che indichino una correlazione tra epidemia da nuovo coronavirus e rete 5G”.