CENNI STORICI
Ripercorriamo la storia di Sasso Marconi fino alla Seconda Guerra Mondiale con le parole dello storico sassese Giorgio Bertocchi. Di seguito alcuni passaggi di un suo articolo pubblicato sulla rivista “Sasso & dintorni”
[…] “Vicino alla pianura e alla città di Bologna da una parte, e a contatto con la montagna dall’altra, attraversato da importanti vie di comunicazione, [il territorio di Sasso Marconi] non poteva che determinare una stretta relazione tra la geografia e la storia. Non a caso l’uomo da tempo immemorabile ha lasciato qui chiare impronte della sua presenza […]. Sono, infatti, innumerevoli i reperti archeologici di ogni epoca ritrovati in tutte le parti del territorio comunale […]: si ricordano le selci scheggiate del Rio Gemese, appartenenti alla cultura del Paleolitico inferiore, le sepolture di Ca’ de Bassi, Bosco Malta, Pontecchio Marconi, Moglio (con oggetti di selce, ceramica e bronzo), il ripostiglio di Badolo (con 41 accette di bronzo) e le tombe etrusche ritrovate nel 1969 a 200 m. dalla sede comunale.
Non è leggenda l’acquedotto costruito dai romani al tempo di Cristo prendendo l’acqua purissima del Setta sotto lo sperone di Ziano e convogliandola in Bologna attraverso un condotto quasi tutto sotterraneo di 16 km. L’opera, che con i secoli si era interrata, è stata restaurata nel 1881 ed è tuttora funzionante.
La storia del territorio comunale, dal XVI al XVIII secolo, è incentrata sulle ville (almeno 20 ed ognuna con caratteri tali da meritare una propria scheda descrittiva) e sul loro rapporto col sistema agricolo locale. Esse infatti sono un notevole tramite economico e culturale tra il contado e la città di Bologna, tale da accentuare la differenza tra la ricca valle del Reno (dove i possessori di ville effettuano notevoli investimenti) e il territorio montano che resta ulteriormente attardato.
In tale contesto, intorno al 1600, fioriscono le arti: nella sua villa della “Querciola” fra i boschi di monte Mariano, Francesco Albani dipinge indimenticabili paesaggi locali e dall’altra parte del fiume, nella sua torre di “Bellavista” non è da meno l’estroso Mastelletta. Contemporaneamente da le “Torrette” il giurista-poeta Claudio Achillini esporta adulatori sonetti inneggianti tra l’altro al “bel Reno” fino a meritarsi premi e citazioni illustri. Di particolare interesse artistico-sociale è la villa del “Colle Ameno” in Pontecchio: in essa infatti, poco dopo la metà del ‘700, il marchese Filippo Ghisilieri installa un ospedale, una fabbrica di maioliche artistiche, una tipografia e una serie di attività artigianali i cui addetti sono ospitati nel borgo adiacente. L’interno della villa stessa ospita una specie di museo dedicato alle arti ed alle scienze.
Nell’anno 1796 l’esercito napoleonico entra in Bologna portando seco lo spirito riformatore della Rivoluzione Francese e sui nuovi modelli transalpini vengono sconvolti i sistemi amministrativi locali, dando inizio ad un lungo travaglio per la delineazione dei confini comunali.
Il Vicariato di Praduro e Sasso diventa nel 1797 il Distretto di Sasso Fontana (nel dipartimento del Reno della Repubblica Cisalpina) con giurisdizione sui territori che pressappoco formano oggi i comuni di Sasso Marconi e Marzabotto. Dopo la parentesi dell’occupazione austriaca del 1799, Napoleone ristabilisce la situazione precedente e nel 1802 la Repubblica Cisalpina diviene Repubblica Italiana e successivamente, nel 1805, Regno d’Italia.
La sede comunale e il nuovo santuario della Madonna del Sasso costituiranno poi il nucleo centrale del moderno centro di Sasso Marconi. Occupati dall’esercito napoletano di Gioacchino Murat (1815), Bologna e il suo territorio fanno parte per alcuni mesi del Regno delle Due Sicilie, ma subito tornano gli austriaci, che restano fino alla restaurazione dello Stato Pontificio.
La Restaurazione cancella con un colpo di spugna le istituzioni napoleoniche. Anche il comune di Praduro e Sasso assume diversa composizione e amministrazione: viene infatti diretto da un Priore o Gonfaloniere, mentre tre Sindaci reggono i tre Appodiati nei quali viene diviso il territorio comunale. Continua la ridda delle variazioni dei confini: la soppressione del Comune di Casalecchio, che viene aggregato a Bologna nel 1820, riporta sotto il comune di Praduro e Sasso le parrocchie di Pontecchio, Moglio, Montechiaro e Nugareto assieme a Canovella, Casola sopra Sirano, Ignano, Medelana, Luminasio, Panico e Venola. Soltanto nel 1828, con la perdita di queste ultime parrocchie e l’acquisizione di Pieve del Pino, Ancognano, Vizzano, Badolo e Battedizzo, il Comune assume le dimensioni che manterrà fino all’unità d’Italia e alla legge comunale e provinciale del 1865, che uniforma il sistema amministrativo tra tutti i Comuni italiani.
Come nel secolo precedente, l’economia è basata sull’agricoltura e sulle attività ad essa collegate, mentre scarseggia l’iniziativa industriale: le cave di pietra arenaria del Sasso, una pila da riso, un maglio da rame a Pontecchio e poco altro. A cavallo del 1900 avranno un certo successo i fabbri Bettini del Capoluogo, che riceveranno committenze da molte parti d’Italia, fra le quali una (famosa) addirittura dal Vaticano.
È con l’apertura delle grandi vie di comunicazione (strada Porrettana, del Setta e ferrovia) che inizia a delinearsi per Praduro e Sasso un'interessante possibilità di sviluppo di traffico e turismo: stazioni, locande, osterie, mercati e fiere locali sono vivaci centri di commercio e ritrovo. Alcuni fatti degni di nota accadono nello scorcio di tempo che va dall’unità alla fine del secolo. Nel 1860 si costruisce un grande ponte in muratura al mulino degli Albani, collegando finalmente le due rive del Reno precedentemente unite, per una lunghezza di nove chilometri, soltanto dalle “barche” di Vizzano e Sasso.
In un alone di leggende e profezie, nella notte del 24 giugno, frana il Sasso* (la Rupe), seppellendo sotto i macigni i 38 abitanti delle case-grotte ad esso sottoposte e 14 di essi perdono la vita.
Pochi anni dopo, nel 1895, hanno successo a Pontecchio gli esperimenti che il giovane Guglielmo Marconi sta conducendo sulla telegrafia senza fili e la risonanza stavolta è internazionale: si alza infatti il segnale che cambierà il ritmo del progresso.
Sulla scia della Prima Guerra Mondiale accadono gravi fatti nelle lotte tra fascisti e antifascisti con episodi significativi intorno alle cooperative agricole e alla Cartiera del Maglio.
Praduro e Sasso cambia il nome nel 1935 diventando […] Sasso Bolognese e nel 1938 assume definitivamente il nome di Sasso Marconi in omaggio allo scienziato, premio Nobel, scomparso l’anno prima.
La Seconda Guerra Mondiale porta nel Comune la maggior calamità della sua pur travagliata storia: partita da lontano, essa arriva sin dentro le sue case e vi si sofferma cruentemente. Fra bombe e terrore, la gente è costretta ad abbandonare le proprie case, e alla fine del conflitto il numero di concittadini (civili, militari e partigiani) feriti o morti è alto, mentre la perdita del patrimonio edilizio e zootecnico è quasi totale. L’opera di ricostruzione, iniziata nell’immediato Dopoguerra, ha dato buoni frutti e oggi Sasso Marconi, divenuto anche centro industriale, è un paese prospero e vivace”.